Apr 102014
 

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Introduzione

afghanistanIl doloroso racconto afghano vive nel presente più prossimo della storia degli uomini perché prigioniero, nemico tra nemici, di quell’infame atto terroristico che, a differenza di altri, è noto non per il nome dei luoghi coinvolti, né per le persone che lo hanno concepito e con assurda freddezza portato a termine. La tragedia di quell’atto è interamente concentrata nella data in cui è stato compiuto, l’11 settembre 2001.

L’altra tragedia afghana, meno recente dell’altra ma che la memoria degli uomini è in grado di ricordare, distinguere e riconoscere, è quella dell’invasione sovietica del 1979. Evento che, a differenza di quella e a causa delle parti coinvolte, si distingue per la scarsa, pressoché insufficiente, se non addirittura nulla, copertura mediatica.

Internet non esisteva, ArpaNet era ideata e gestita dai militari e le BBS, il mezzo telematico lento e farraginoso con cui si condividevano file e scambiavano notizie, non godeva della rapidità e simultaneità tipica dei mezzi di comunicazione di oggi.

E se la telematica faceva quel che poteva e che i militari comandavano, i media non erano da meno. L’invasore sovietico, che seguiva pedissequamente la dottrina dell’informazione funzionale all’ideologia di stato, era parco di notizie e traduceva in positivo anche quello che in realtà assumeva i toni di una sconfitta o di una ribellione.

E se i media sovietici erano eterodiretti, quelli occidentali davano di quella guerra una visione né esatta né completa. Gli americani in particolare, che a quel tempo combattevano le proprie guerre calde contro il nemico socialista riorganizzandole secondo il protocollo della guerra fredda, appoggiarono esternamente quello che allora era ancora l’amico talebano e si trincerarono dietro i “no comment” tipici dell’epoca di Robert McNamara.

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